Cimitero di Sezze e la funzione dei ricordi che dimentichiamo
Del cimitero di Sezze si parla da anni su tante cose di cronaca nera, rosa, di regole, di morale. In questa corsa a mal parlare ci siamo dimenticati che qui, al cimitero, i vivi vengono per ricordare i morti per salutare e non ripartire. Si parla di tutto tranne del silenzio che ciascuno ha lì, del bisogno del silenzio. Le civiltà si misurano nel culto dei morti, le civiltà crescono nelle memorie. Odio la cronaca che per alimentare se stessa uccide il rispetto. In questo cimitero tutti abbiamo conosciuto la pietà, la memoria, il rispetto, abbiamo preso il testimone del tempo qui giacciono cristiani, ebrei, non credenti ma tutti uomini con la non scritta “ci siamo stati, se siete è perchè noi vi abbiamo annunciato come voi state annunciando”. Questo il mio ricordo
Ricordiamo i morti in questo tempo infame che corre, io scrivo per lavoro e di questo vivo con fatica e pieno di tempo consumato che poco mi resta. Oggi credo sia tempo di ricordare, io ricordo quando con mio padre ho fatto l’ultimo suo omaggio a suo padre, a sua madre che erano mio nonno e mia nonna.
Un viaggio che si fece lunghissimo e lui sulla salita a scale del cimitero di Sezze, salita rapidissima, si fermò per prender fiato e dirmi continua tu, qui finisce il mio giro. Mi sono fermato, ho sentito il battito del tempo, ho avuto paura come tutti di rimanere solo, lui mi ha sorriso era tempo di passo e ancora gli rinfaccio di avermi lasciato solo, ma forse anche lui era lì per questo.
Faceva fatica a salire quei gradini, tanti e ripidi. Consumati dal tempo, i gradini forse di tufo, quasi piegati dal peso dei passi. Ai lati, le figure della Via Crucis, un ultimo viaggio verso… se credi verso qualcosa, se no verso il tuo verso. Si fermò per prender fiato, era la prima volta che aveva bisogno di aria in quel percorso fatto per anni con leggerezza. Era un monastero quello, una volta si pregava qui, per la pietà di vivere, ora era luogo di fine corsa, luogo in cui si concentrano i ricordi e tra loro si fanno compagnia.
Faceva fatica, il fiato cominciava a girare con fatica… La Via Crucis era in salita, era quel dolore che hai nel cammino dove quando cadi arrivano i colpi piu’ duri e solo talvolta trovi una bontà che non ti aspetti…. In fondo il nostro è un viaggio per un respiro…”
Ho incontrato, qualche giorno fa, un vecchio amico di mio padre, che mi ha chiesto: ma Gattino? Io gli ho risposto, è morto. Lui si è tirato indietro, come se lo avesse vivo: “era un personaggio Gattino”. E ora si ricordano i defunti, si si ricordano.
Foto tratta da Fatto Quotidiano (18.04.2021)

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