Il coltello di nonno Lillo
C’era un tempo in cui i nonni prendevano da parte i nipoti e gli insegnavano la vita. Mio nonno non fu da meno. Sapete non era uomo di parola, non era uomo da compromesso, e doveva lasciare il testimone. Ci sedemmo intorno al pozzo di acqua zolfa che aveva una bella e limpida bolla d’acqua, tutto odorava di zolfo: un posto bellissimo che però “puzzava” di inferno. Quanto diverso dall’odore di incenso delle chiese dove mi “istruiva” nonna, donna piissima.
Si sedette, nonno, stivaloni di cuoio, calzoni alla zuava, cappello in testa e camicia di fustagno. Tiro fuori prima il pane, poi il coltello. Un coltello a scatto con l’impugnatura di osso, sul tavolo il pane. E inizio la lezione: vedi con questo ci taglio il pane, lo divido con te. Mi passa una fetta, poi taglia un pomodoro e la lama affilatissima entra nella polpa.
Vedi – continua – questo è bene, con questo possiamo mangiare, possiamo dividere.
Questo lo so nonno, lo usano anche in cucina a casa.
Sì ma questo non serve solo a questo, anzi serve anche a questo. Questo coltello è anche un’altra cosa.
Un’altra cosa? Non capivo.
Allora lui spiega: ogni uomo ha come dono l’orgoglio, l’orgoglio di essere libero. E mai, mai, devi accettare la prepotenza e la tua libertà e in questo oggetto che taglia il pane ma anche ferma gli arroganti, i prepotenti, quelli che non si sentono umani ma padroni. Sempre in tasca. Sempre a difesa come nei castelli i signori mettono le spade, noi abbiamo i coltelli.
Parole di un vecchio, pensai in un mondo che immaginavo buono come sono buone le paste di visciola. Poi con il mio compagno di studi, Sergio Corsetti, ci innamorammo della rivoluzione di Francia a cui dobbiamo, e il mondo deve, la propria libertà e studiando la costituzione del 1793 lessi: Quando il Governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri.
Era il coltello che tagliava il pane che si faceva “lama” contro la prepotenza. Per questo non mi dici pacifista, perchè non lo sono, non lo posso essere riservandomi per via di educazione siberiana il diritto di resistenza che, per altro, stava dentro il pensiero cristiano di San Tommaso. Se il principe da ordine contrario alla legge di Dio è legittimo resistere.
Si scambia spesso la quiete, il tagliare il pane, degli umili come rassegnazione ma è solo attesa.
Nonno non mi insegnò mai a usare la lama se non per tagliare il pane, ma mi indicò il limite per cui tagliare il pane non sarebbe bastato. Poi tagliò il salame e mi disse: si mangia tutto anche il grasso perchè un vivente è morto per questo, per far vivere un altro vivente, ma la prima morte non è meno triste.
Storie di un mondo di antichi saggi che leggevano l’aria, che non disturbavano, che rispettavano l’uomo e non l’autorità che non imponevano il loro giusto, ma non tolleravano alcun torto.
Non si toglieva mai il cappello, un giorno lo vidi alzarlo di poco sulla testa, prendendolo per le due conche che ha poco sopra la falda davanti. Lo alzo di poco e girò lo sguardo. Guardai nel verso in cui guardava e c’era una Madonna. Volevo metterlo in difficoltà: ma hai detto che il cappello non si toglie mai. Mi guardò con occhi umidi: ma quella è la madre.
Mi innamorai di questa parola da quel momento
Tu sei colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Dante
Le cose restano dentro e le cose della vita non sono mai lisce, ma hanno ruvide prove anche alla libertà. Salutò la madre non il potere senza maternità.
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