Quando il cielo fa paura, ma il nero viene da levante “lasciatece piagnè da soli”
Visite di gente incravattata sugli argini di torrenti che hanno esondato, quando servirebbero camice di fustagno. Sì, il nodo delle alluvioni non sta in scuse climatiche: la terra non ha il nostro orologio dei secondi, ma l’eternità e se ne frega del nostro tempo.
I continenti derivano e non puoi farci niente, periodi freddi seguono periodi caldi nell’universo che è gelido ed è il caldo l’eccezione non la regola.
Quindi non è colpa del tempo il maltempo o il beltempo ma così è.
Serve, dicevo la camicia di fustagno che è dei contadini che quando c’era il sole, e non dopo il temporale, pulivano fossi, torrenti e fiumi e non ci buttavano dentro i sassi. Serve la memoria storica dei contadini che sanno dove sfociano i fossi, dove ci sono le terre da basso, che sanno una semplice cosa “l’acqua che sta in cielo lì non rimane”. Che sanno anche che il tempo del fieno e quello dell’erba. Non serve l’emergenza nel disastro ma la saggezza nel tempo bello.
A Roma, città aperta, durante la seconda guerra mondiale tra liberatori ed occupanti che la facevano da padroni qualcuno scrisse sui muri “lasciatece piagnè da soli”. I guai li abbiamo fatti noi per fame di case che non avevamo, per fuga dalla fatica che ne avevamo troppo ora dobbiamo saper ricucire magari con case diverse e con un poco di ritorno alla fatica.
Quelli che vengono? Gli offriremo un caffè, due pastarelle ma non ci servono in nome del nostro orgoglio: piangeremo da soli e da soli risorgeremo ridendo.
VIDEO DI MICHELA CAETA

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