Si riuscì quasi completamente allo scopo, partigiani nei Lepini. Il brigadiere Sciscione
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Le storie ti incrociano, ti vengono a trovare, da sole. Mi imbatto in una storia che non immaginavo. Vedevo i partigiani sugli Appennini, nelle valli delle Alpi, dispersi nei vicoli di Roma, nei suoi sotterranei. Qui, qui da noi troppo sole, tutto piano, colline dolci e non montagne. Eppure.
Ammetto, non immaginavo e ringrazio Dario Petti che con la sua casa editrice aggiunge conoscenza e non retorica a questa provincia.
Il libro è di Michelangelo Leva “Bande Partigiane dei Monti Lepini”, pubblicato dall’Editrice Atlantide, di Dario Petti.
Racconta dell’8 settembre qui, qui nei lepini, leggendo la storia capisco come la storia non ci abbia esentato dal dolore e anche dal riscatto. Ero già convinto di un’altra storia, ma incontrala fa orgoglio.
8 settembre 1943, la radio annuncia che l’Italia si arrende senza condizioni. Annuncia una guerra perduta. Detto così è un dettaglio ma per oltre un milioni di soldati sparsi per tutta Europa non fu un dettaglio ma il discrimine tra vita o morte.
Quel giorno i granatieri a Roma decisero di difendere il loro Re a Roma quando lui era fuggito, a Cefalonia scelsero la dignità, migliaia di carabinieri restarono nelle stazioni. Quasi tutti i soldati tra la vita salva e tradire un giuramento e il rischio del patimento per mantenere la parola scelsero l’onore che, forse, il loro Re manco meritava.
E qui? Incrocio la “banda di Priverno”, militari, guardie comunali, carabinieri, cittadini che non ci stanno a farsi servi e cercano di salvare il salvabile, salvando la dignità ma rischiando la vita. Non per farsene vanto nella democrazia di poi, ma per l’orgoglio di allora.
Diedero vita ad atti di sabotaggio, propaganda antinazista, recupero di armi e munizioni, assistenza a prigionieri evasi, azioni armate e attività informativa a favore delle forze alleate, per difendere la libertà e salvare vite. Spiega Anna Maria Bilancia, sindaco di Priverno.
Si costituì la “Banda di Priverno”, al comando di Carlo Galli era un avvocato, era inquadrata bande partigiane del sud del Lazio del del Reparto 27.
“Si riuscì quasi completamente allo scopo” è la considerazione con la quale, Carlo Galli, chiuse l’introduzione della sua Relazione sui protagonisti e sulle azioni compiute in quei mesi per bloccare le truppe tedesche sul nostro territorio e favorire l’avanzata degli alleati, difendendo le popolazioni dalle razzie, dai rastrellamenti e dalla deportazione. Sottolinea il sindaco
La banda riuscì in una impresa titanica salvarono più di 2000 “rastrellati” dal Campo di Concentramento della “Caciara”.
Tra questi patrioti c’era il Vice Brigadiere dei regi carabinieri Augusto Sciscione, comandante della Stazione di Borgo Grappa, che in questa azione ha svolto un ruolo decisivo.
È per noi, motivo di orgoglio – conclude Anna Maria Bilancia – sapere che anche la nostra comunità, attraverso alcuni valorosi suoi figli, un Carabiniere, due Guardie Comunali, donne di casa, tanti uomini e tanti giovani, tra cui Antonio Aresu, insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare, hanno dato un tributo prezioso per la salvezza di molte vite in una tragica epoca storica.
Augusto Sciscione è il papà di Gianfranco Sciscione oggi uno dei più importanti imprenditori dell’audiovisivo italiani (Gruppo Sciscione, Lazio Tv) a cui va dato il merito di aver organizzato la conferenza di domani alle 10 per ricordare quegli uomini e quelle donne e i valori per cui lottarono.
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Fossanova, infermeria dei conversi, alle 10
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