Intervista al Jack Torrance’s Pub
Nome “Antonio”. Cognome “Raponi”. Nome dell’attività “Jack Torrance’s Pub”. Anno di apertura “2010”. Indirizzo “Via Armando Diaz, 1”.
L’attività è gestita individualmente?
“L’attività nasce come individuale ma, nel corso del tempo, la collaborazione e l’aiuto di mio padre e, in particolare, di mia sorella Martina si sono rivelati fondamentali per il locale”.
Come avete gestito il periodo di emergenza sanitaria e cosa è cambiato dopo?
“Il Covid ci ha costretti a ripensare del tutto le nostre vite e a fare i conti con problematiche inaspettate. Vorrei sottolineare che quattro tra i primi positivi al virus erano miei familiari, tra cui mio padre, ma per fortuna nessuno ha avuto gravi conseguenze.
A livello di attività credo che ci siano stati molti aspetti che abbiamo dovuto migliorare proprio a causa o grazie all’emergenza: l’organizzazione ad esempio. Il Jack Torrance’s poi ha offerto consegne a domicilio sin dal 10 marzo 2020. Non potevo bloccare l’attività e così mi sono chiesto quale fosse il modo per andare avanti: le consegne sono state una grande risorsa in tal senso.
Di sicuro, finita l’emergenza, siamo cambiati noi come persone: ognuno ha scoperto lati inaspettati. La bellezza di vedere di nuovo i ragazzi assieme per le strade e il mio locale pieno è stata grandissima”.
Hai mai pensato di chiudere?
“Come attività siamo nati nel 2010, un periodo già allora critico per quanto riguarda l’economia ma, ad essere onesti, non ho mai pensato di chiudere o meglio, quell’unica volta che l’ho fatto, è stato per motivi personali. Quando ho aperto avevo 20 anni e studiavo Giurisprudenza: la mia ambizione, infatti, sarebbe l’avvocatura ma al contempo non vorrei lasciare il mio locale. Inoltre ho sempre considerato l’équipe lavorativa come un “famiglia amplificata” e spesso il mio pensiero, come quello di tanti gestori o imprenditori, va a loro nei momenti difficili”.
Pensi che la politica, anche a livello locale, possa fare qualcosa per aiutare le attività?
“Le mie idee, come noto, sono vicine per molti versi a quelle di sinistra. Purtroppo a livello di paese, però, negli anni ho visto ben poco interesse nei confronti della comunità da parte della classe politica, di qualsiasi orientamento. Ma credo che il vero problema di Sezze sia non essere un paese apprezzato dai suoi stessi cittadini. Il centro storico, ad esempio, fuori dal quale io non saprei vedere la mia attività, sta vivendo un periodo molto complesso tra negozi e locali che chiudono e il rifacimento di Via Diaz, che, pur doveroso, creerà sicuramente delle problematiche a me e ad altre attività. Tuttavia ho fiducia nella voglia di fare e nello spirito positivo che mi ha sempre contraddistinto.
A livello nazionale, invece, sono preoccupato per il caro bollette, che indurrà molte famiglie a ridurre le uscite e graverà, nella situazione di Sezze, sui locali medio-piccoli come il mio. Spero vivamente che si prenda esempio dalla Germania, che ha stabilito un tetto massimo al prezzo del gas. Ricordo che durante la pandemia, il governo tedesco ha sostenuto le attività basandosi sulla rendicontazione dell’anno precedente. Ecco, vorrei un Paese che ci tutelasse di più e che incentivi i giovani a costruire qui il proprio futuro”.
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