Sezze, il senso del carciofo
Il carciofo e Sezze, credo che ci sia tra questi due universi un antico patto, un patto di sopravvivenza. Un poco come l’ accordo tra uomo e gatto. Il gatto propose all’ uomo di eliminare i topi, l’ uomo di eliminare il freddo accogliendolo nel suo nido. Non vedere questo posto ora ma un’ allora quando vivere era una scommessa e vincevano esseri così duri da poter sempre essere se stessi. Il carciofo non ha semi, si riproduce da sé stesso, il setino non ha tempo per altro che non sentire se stesso nella battaglia del vivere. Due anarchie che hanno rispettato il patto. Poi sono venuti i figli i Israele che erano erranti e qui hanno trovato chi non chiedeva ragioni ma rispettava la vita. E i carciofi da nutrimento sono diventato cibo, poi si sono fatti ghiotti. Poi sono diventati identità. Come i gatti che sono diventati padroni della casa e della vita dei loro umani. Ora i carciofi e Sezze si fanno le fusa. Io? Beh, mi hanno aiutato. Papa’ li piantava per aggiungere qualche lira al bisogno di tante lire che era mantenermi a studiare ma voleva che andassi a vedere. Solchi e cipollitti e poi zappare, e poi vederli diventare padroni e non far respirare il campo che era solo loro. Andava bene, andava male dipendeva dal prezzo, dalla stagione e dalla ingordigia dei romani. Ora mi capita di sentire gourmet che spiegano piatti e regole, io ricordo le mani amare, amare da spiegare anche il Cynar. Ma quello che mi preme dire è che questo scritto è figlio della lezione di mio padre Antonio che aveva imparato da mio nonno Lidano una lunga stirpe di uomini della terra nera e fina come era la terra della Sezze contadina.
Foto: Damiano Di Tullio che si è svegliato presto
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