Sezze e il cacao di Natale in assenza di matrimoni

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Questa è una storia di Natale, di un Natale in cui si intrecciano le storie, i ricordi, le amicizie. Come in certi film americani, solo che qui ci sono sapienze che si perdono nei tempi e riemergono come fanno le isole vulcaniche.

Mi chiama il mio amico Enzuccio “vi, facemo i cacao”. Come tradurre la frase? Letteralmente è “vieni che ho preparato il cacao”, ma nell’intimo è oltre. E’ torna che proviamo a ricordare, è vieni che dobbiamo scambiare ancora le cose nostre, è dire “c’è calore in tempo freddo”. E’ dire: possiamo permetterci il piacere e “fuori orario”.

Il cacao è una tradizione tutta setina, dopo il matrimonio e la conseguente abbondante libagione i vicini che non erano stati invitati alla cerimonia e al pranzo venivano ricevuti a casa dei genitori degli sposi che offrivano il cacao con i biscotti. Una “dolcezza” per segnare che i ragazzi andavano via dal quartiere, dalla casa materna (non paterna, qui vige il matriarcato) ma “restano i nostri”. E il cacao, era riba raffinata, esotica, complicata, testimonianza di ricchezza manifestata.

Ma? Ma ora non si sposa più nessuno, il cacao non ha il pretesto, non ha giustificazione, non ha occasione. Ed ecco allora che Enzuccio ha una idea: “facciamo il cacao di Natale”.

Ma chi lo prepara, domano. Lui sicuro “Io”.

Resto setino dentro e l’abbottamazzo è caratteristica propria che “rinfaccia”: “I tu sai fa i cacao”. Era una sapienza delle nonne, tramandata di nonna in nonna, mo… “Me so fatta da la ricetta da Alessandra Corsetti”. Lei è cacaologa riconosciuta, certificata dalla prassi.

Sono con le spalle al muro, anche Damiano accoglie l’osservazione, conferma l’Amaretto e quindi? Operazione cacao sia.

E la ricetta? Beh, chiamo Sergio (il mio compagno di studi, di vita e di grazia) e chiedo il numero di Alessandra, che arriva immanentemente. La chiamo e mi spiega. Lei non è la Coca Cola che tiene la formula segreta perchè sa bene che il nodo non è negli ingredienti, ma nella lavorazione, nel procedimento, nelle mani.

Il tempo è l’ingrediente più difficile. Ma mancano i matrimoni? E che fa dice Alessandra, noi lo facciamo per la festa. Il cacao degli sposi diventa il cacao delle feste, e quindi ben venga il cacao di Natale.

Per un incidente non posso stare al cacao di Enzuccio, che mi raggiunge a Latina con il cacao fatto: “mo i teta riscallà a fuoco lento, lento e gira, gira”.

LA RICETTA DI ALESSANDRA

Cacao

Ingredienti

1 bustina di cacao amaro,

4 cucchiai di zucchero

1 litro di latte

Far cuocere 2 ore da quando comincia a bollire

Aggiungere 1 macchinetta di caffè da 3

Modalità di lavorazione

La ricetta è semplice, è il procedimento e il servizio che fanno la differenza.

Assume un sapore diverso se degustato in tazza di porcellana fine accompagnato “dagli biscotto agl’ovo”.

Si mette il cacao con lo zucchero nella pentola e si mescolano a secco, si aggiunge il latte facendo attenzione a non far fare i grumi, mescolare con frusta.

Portare ad ebollizione a mescolare continuamente stando attenti a non farlo attaccare nel fondo.

A fine cottura aggiungere il caffè amaro.

Servire caldo e in porcellana se si vuole un 10!

Mica prosperi, saggezza, tanta pazienza, tanto tempo e saper fare.

Ora riscaldo il cacao, sento, assaporo. Non è il sapore di nonna certo o non rammento quel sapore ed è solo nostalgia, ma il cacao di Natale che fece Enzuccio con la ricetta che ci diede Alessandra sa di un tempo antico e non ditelo a Enzuccio ma mi ha sorpreso ed è una rarità.

NB: Alessandra ha l’attestato di “cacaista sezzese riconosciuta” certificata Doc, ha salvato la ricetta. Tanto chi fa ancora il cacao? 

L’immagine non è originale, è una tazza di cioccolato, ci scusiamo con i lettori.

 

 

 

 

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