L’attualità delle lettere di Moro in un tempo di ostaggi e di nuovi orchi, intorno al libro di Loffarelli

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Parlare di Aldo Moro, o scriverne, è sempre parlare di una politica che ad un certo punto usciva dalla sua sacralità per diventare umana. Umana è infatti la fede, lo spirito, la ricerca di risposte all’esistenza. Il lavoro di Giancarlo Loffarelli,  “La spiritualità di Aldo Moro” è un percorso dentro e con le lettere che il leader della Dc ha scritto durante la prigionia delle brigate rosse.

Il libro verrà presentato oggi venerdì 27 ottobre a Formia Nella sala della Sicurezza in Comune alla presenza, oltre che dell’autore, di Sandro Bartolomeo, già sindaco di Formia, di Monsignor Luigi Vari arcivescovo di Gaeta. I testi del libro verranno letti da Marina Eianti, appuntamento alle 18.

Il lavoro di Loffarelli è già stato presentato in altre occasioni, ma ogni volta pone interrogativi e fornisce spunti per nuove riflessioni legate al tempo. Oggi, in questo momento, ci sono ostaggi in mano a terroristi in terra di Israele. Gli ostaggi sono ebrei in ostaggio a terroristi di Hamas. Ecco che questa storia di “segregare” chi ha altra Fede, altro ruolo, altra identità e far diventare l’umano “acceleratore” di paura non è di una storia, quella di Aldo Moro, ma è una costante nella storia di chi prevarica, di chi trasforma ipotetiche ragioni in patente di negazione dell’umanità.

La prigionia di Moro con le sue lettere riportò quell’episodio di “terrore” dentro la possibilità di amore nella Fede. Chi, come me, non ha questo dono scopre nelle lettere la forza che ha questa “speranza”. Soli con gli assassini, soli con uomini che hanno abdicato all’umano per fare dell’altro “strumento di paura ad altri”. Terrore, parola terribile che non è vita o morte, ma cancellazione della vita in vita. La morte è fine vita, il terrore è morte nella vita che continua. Per la vittima, per i carnefici, per quelli fuori.

La vita prevede la morte, ma il terrore no. La vita prevede la rabbia, ma il terrore no.

Le lettere di Moro non sono lettere di uno statista allo Stato, ma di un uomo ad altri uomini. Le potrebbero aver scritte ciascuno degli ostaggi di Hamas. Ho sostenuto allora la necessità di trattare, sostengo ancora che bisogna fare di tutto per salvare ma quegli orchi che si chiamano fuori dall’umanità, che “uccidono in vita”, sono l’interrogativo di quel tempo, il tempo delle brigate rosse, oggi del terrore per fede.

Non nego, sarei vile, che quel fine degli orchi è stato in me, ma non con quel mezzo. Nulla condividevo di Moro, ma avevo ragioni per batterlo da vivi, così l’umanità è morta. Così come è morta con Hamas. Volevano cancellare i liberi per una utopia che si era fatta mostro, oggi per una Fede che si fa mostro. Eppure il Dio dei terroristi era lo stesso di Moro, degli ebrei. Perché questo non lo so, ma il libro è una lezione di una forza e di una attualità incredibile.

Allora vollero cancellare Moro, le sue umani fragilità, oggi vogliono cancellare gli ostaggi, i morti, con la ferocia di chi ha ucciso e di chi ha rapito. Non c’è spazio per alcun però…

 

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