La matria setina e le donne di Sezze

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Ci sono cose profonde, scavate dentro che le porti per non avendo neanche vago sentore di portarle. Mi accorsi di questo tardi leggendo della distinzione tra patria che escludeva per via paterna e matria che identificava accogliendo per via materna. La considerazione mi “costringe” a cercare fili del punto di vista che scoprivo. Matria diviene ricerca delle mie matrie, della mia matria.

La patria è la storia degli eroi, la guerra ai confini, la cultura dentro una lingua in mille poesie, romanzi, sta dentro le frasi stesse della Storia, nelle storie. La patria è come la politica estera verso la politica interna, è quello che sta intorno a me e di cui costituisco elemento. Ma la matria?

Cercavo, e mi perdevo in ragionamenti che legavano la patria al padre, al patrimonio, alla esclusivita’, agli  altri diversi da me.

La chiave la trova nelle mie radici, in queste donne setine della mia infanzia figure quasi mitologiche. Matrone romane, madonne cristiane, ipermadri, avvolgenti così tanto che definiscono i bambini non per cose altre ma cose loro “mammocci”. Depositarie uniche del segreto di formare uomini grossi e madri capaci di amori che non escludono ma definiscono. Donne di saggezza antica, ma capaci di capire il senso del tempo nuovo, capaci di dare l’alfabeto della vita. Capaci di miracoli: ho visto creare da farina, sale e acqua, una padella e il fuoco la focaccia più buona del mondo, descritta come fosse opera di un artista per via del generoso amore.

Gli uomini? Non potevano capire, ma avevano dentro la lettura per rispettare la sacralità. Così sagge da gestire ogni fatto, facendo apparire che era l’uomo a decidere. Figlio/a-madre non era una funzione, un relegare, ma era uno sviluppare come le fotografie nella camera oscura.

Quelle bambine bionde,

con quegli anellini alle orecchie,

tutte spose che partoriranno.

Uomini grossi come alberi,

che quando cercherai di convincerli

allora lo vedi che, sono proprio di legno.
Paolo Conte, Diavolo rosso

 

Le ritrovo in lande astigiane in una cultura rurale antica quanto la mia nella bellezza del jazz.

Le donne setine hanno, o avevano, l’esclusiva della memoria del mondo intero e agorà fatte di “parlamenti” con regole ferree di mezze sedie nel tempo collettivo.

La sera il richiamo per nome del tempo del gioco esclusivo nostro per il tempo inclusivo loro di essere educati a vivere.

La matria ha bisogno non di patrimonio, ma di un valore più raro del denaro e delle cose, l’amore generoso. Capisco ora tutte quelle descrizioni puntuali delle madonne, le pietà che occupavano ogni sguardo e sfumare sulla Maddalena pur sempre Maria.

Credo che la differenza sia tutta qui con un mondo in cui la patria esclude il nemico, il diverso, ha bisogno di un cartello che segni il confine, una tassa da pagare, una appartenenza uniforme da sbandierare. La matria? Ha per sostanza l’amore.

John Wayne era il prototipo dell’eroe americano della nuova frontiera. Noi bimbi sparavamo con le pistole fatte con le dita come lui sparava con revolver d’acciaio. Quando arrivava la vita nuova lui voleva darsi da fare e allora le donne gli davano una pentola incaricandolo di “scaldare l’acqua”. La cosa non serviva ma lo toglievano di mezzo, perchè era tempo serio del mondo di domani, lui era inevitabilmente del tempo di ieri. Una Matria nel west

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