Vista dal piano, Sezze in dissolvenza
Incontro in via Umberto, Adriano Zaccheo, siamo di quella etnia di setini ormai di piano che non hanno più il piede da salita dolce, da collina. Del passato ci resta lo sfottò e ci sfottiamo su quando a Latina ce la comandavamo, ora no. Sezze si vede da qui, in questa bella giornata di sole, ma pare… in dissolvenza.
Lì su si insegnava a capire Dio che le scuole era rare come raro è oggi il litio, lì su un Lidano dei comunque pochi fece cristiani quelli di qui che forse erano “ancora animali” non avendio anima buona ma solo cattiva. Ma queste sono cose andate, ma poi con i riti del venerdì santo insegnammo a tutti a pregare recitando, quando a Latina non avevano neanche un teatro ma qualche cinema triste e spendo all’anfiteatro riempivamo spalti ingenui e dolce ma bellissimi a terrazza sul piano. Quando inventavamo musei di giochi qui neanche giocavano e potrei continuare. La politica era cosa nostra in esclusiva: su 5 partiti cinque avevano il segretario provinciale di qui.
Gramsci la chiamava egemonia culturale, la capacità di entrare dentro la società, dentro le coscienze e determinarne un modello, un modus operandi, una organizzazione.
Sezze era definita con in testa, l’edificio più alto, la cupola della chiesa dei gesuiti.
Guardate la dissolvenza, si parla da qui di lì come un posto dimentico della sua poesia, indifeso e venduto da chi non ne ha orgoglio ma casi di carriera per sè. Così non è la cupola del sapere che raccontano ma la fine sotto la croce di un cimitero.
Dissolvenza amico Adriano e i nostri figli manco sanno di quel passo da collina che comunque ci fa ancora camminare strano e riconoscerci.
Di chi è la colpa? Non lo so, ma certo oggi Sezze non è una capitale non ha egemonia ma è fuggita via.
Così per dire il 25 aprile quando qui pensano ancora in troppi a San Marco ma lì su no, pensavamo ad una nuova libertà oltre la libertà
Ed ecco il vento del Nord soffia sulla penisola, solleva i cuori, colloca l’Italia in una posizione di avanguardia. Il vento del nord di Pietro Nenni che in collina spirava e nel piano saltava.
Ma il tema resta, il timore del declino.

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