Sentenza Maselli, ovvero la condanna della goffaggine degli uffici comunali
Tra i debiti che il Comune di Sezze dovrà ripianare con il piano di riequilibrio adottato dall’amministrazione Lucidi, viene espressamente nominata la sentenza Maselli. Ma cos’è effettivamente questa sentenza, la Sentenza n. 733/2020, che grava sul bilancio per 252 mila euro?
Niente di più e niente di meno di somme dovute a proprietari di terreni che vennero espropriati in località Monte Trevi per la realizzazione di case popolari.
La causa venne iscritta al registro del Tribunale di Latina nel 2013 ed è stata riunita ad una seconda causa nel 2016. Essa vede contrapposti 4 privati, rappresentati dagli avvocati Massimo Sieni e Fabio Pagnozzi, al Comune di Sezze, rappresentato anche in questo contenzioso dall’avvocato Giacomo Mignano.
Dalle stesse carte processuali, emerge come il Comune di Sezze, nel corso degli anni, ha realizzato degli interventi di edilizia economica popolare, previsti nel Piano di Edilizia Economica e Popolare approvato della Giunta Regionale n. 1970 del 22 maggio 1975, su una parte dei terreni di loro proprietà, oggi ridotti nella misura complessiva di 45.000 metri quadrati a seguito di espropri o di cessione bonaria.
Gli espropri hanno riguardato le porzioni di aree ricadenti su varie particelle del foglio 44 della mappa catastale del territorio setino.
La “goffaggine” degli uffici comunali
È una storia che a tratti evidenzia una condotta quasi goffa da parte degli uffici del Comune di Sezze. Il tutto nasce dall’attuazione del Piano edilizia economica popolare del 1975.
Per la realizzazione dei complessi edilizi in progetto, il Comune deve “occupare” dei terreni non suoi. Per farlo ci sono però delle procedure di acquisizione bonaria nonché di esproprio da portare a termine. Tali procedure lecite, vennero però accompagnate da occupazioni illecite di altri terreni privati per i quali lo stesso Comune ha chiesto l’acquisizione in usucapione.
L’antefatto
Per una porzione di terreno, il Comune si è reso colpevole, nel febbraio del 1990, di occupazione usurpativa ed è stato condannato a dover pagare anche quel danno (sentenza n. 731/1999). Non solo; dalla relazione tecnica elaborata da un professionista, oltre alla costruzione di alloggi di edilizia popolare sui terreni espropriati o comunque acquisiti, risulta anche la realizzazione di una strada che, in vari punti, sconfina dalle aree regolarmente espropriate o cedute e occupa illecitamente le aree ancora di proprietà dei ricorrenti.
Il Comune di Sezze, pur regolarmente citato, non si è costituito in giudizio, quindi all’udienza del 29 ottobre 2013, ne è stata dichiarata la contumacia.
Nel cuore del contenzioso
In seguito alla concessione dei termini previsti per legge e al deposito delle memorie istruttorie, in accoglimento delle richieste svolte dagli attori, è stata disposta consulenza tecnica d’ufficio per la verifica dello stato dei luoghi e la determinazione del valore venale delle aree oggetto di occupazione senza titolo.
Concluse le operazioni peritali e depositata la consulenza tecnica d’ufficio, il 22 maggio 2015, il Comune di Sezze si è tardivamente costituito in giudizio. Una costituzione in cui si chiedeva il rigetto della domanda svolta dagli attori ed eccependo, in via riconvenzionale, l’intervenuta usucapione dei terreni oggetto di causa.
A questo procedimento ne è stato riunito un secondo (n. 115/2016), promosso dallo stesso Comune di Sezze nei confronti dei proprietari dei terreni, con il quale l’ente territoriale ha chiesto l’accertamento dell’intervenuto acquisto, per usucapione, delle porzioni di terreni oggetto dell’occupazione illegittima e delle conseguenti domande di restituzione e di risarcimento del danno.
Ovviamente i proprietari hanno contestato la fondatezza della domanda di usucapione, chiedendone il rigetto. Una consulenza tecnica d’ufficio ha chiarito come ad essere state occupate sono state solo alcune delle porzioni di terreno in questione. È emerso chiaramente che l’acquisizione delle aree necessarie alla realizzazione del P.E.E.P. non abbia coinvolto tutti i terreni inizialmente previsti nel piano. Alcune particelle sono state acquisite solo in parte, una addirittura per nulla.
Il Comune di Sezze, in definitiva, non ha completato l’esproprio di tutti i terreni necessari alla realizzazione del P.E.E.P. e ha costruito la strada di cui trattasi sui terreni rimasti in proprietà agli attori.
Il paradosso
L’inesistenza di procedure dirette all’esproprio delle aree è stata pacificamente ammessa nel corso del giudizio anche dallo stesso Comune. L’Ente ha infatti eccepito l’intervenuto acquisto dei terreni per usucapione chiedendone, nel giudizio riunito, il relativo accertamento.
Analizzata la giurisprudenza in materia, appare chiaro come lo stesso Consiglio di Stato ritiene che l’occupazione illegittima costituisca un illecito permanente. Un illecito in relazione al quale il termine per l’usucapione, nel perdurare della condotta illecita, non può iniziare a decorrere.
A ciò si aggiungono dei difetti procedurali commessi dal comune che si è visto quindi rigettare la propria domanda.
Visto che i terreni non possono essere restituiti e che il danno patrimoniale provocato ai privati deve essere risarcito, al termine di tutti i calcoli del caso e rivalutazioni dei valori in gioco dal 1993 ad oggi, il Comune è stato condannato a pagare la somma complessiva di Euro 251.904,38 oltre interessi dalla data del deposito della sentenza sino al soddisfo.
La considerazione
Anche per questo 250 mila euro circa, i cittadini di Sezze si ritroveranno a pagare con il piano di riequilibrio, errori grossolani commessi da tecnici del loro stesso comune
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Luca Morazzano
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