Sanità malata, a Sezze come nel Distretto
Se Priverno piange perché non avrà un suo ospedale di comunità, Sezze di certo non ride alla luce delle affermazioni del Direttore Generale della ASL di Latina nella Conferenza dei Sindaci dello scorso 20 aprile.
La dottoressa Silvia Cavalli infatti, ha dichiarato che per quanto riguarda il Distretto 3 Monti Lepini della ASL di Latina, rispetto a quanto c’è già oggi, non c’è da attendersi molto di più. In primis tramonta l’ipotesi di vedere i PAT aperti h24 così com’era prima della Pandemia. Prima che l’emergenza “costringesse” alla riduzione oraria, la trasformazione da Punti di Primo Intervento in Punti di Assistenza Territoriale, venne fatta passare come un cambio nominale. Oggi si rivela in toto come un declassamento.
L’Ospedale di Comunità è una novità solo nel nome
Tornando alla conferenza, parlando del Distretto Monti Lepini in generale, all’interno di un intervento di poco più di sei minuti, la Cavalli ha spiegato: “Guardando il Distretto 3 di questa ASL, che conta circa 50 mila abitanti, rispetto agli standard di servizi stabiliti dal PNRR che rispetto allo standard di popolazione minimo richiesto che stabilisce che un ospedale di comunità possa essere allocato proprio in presenza di 50 mila abitanti, la Regione Lazio si è posizionata su livelli molto più bassi anche se ciò non costituisce un obbligo. L’ospedale di Comunità comunque consiste in una degenza infermieristica perché è di questo parliamo”.
Degenza infermieristica = Ospedale di Comunità
La Cavalli fa capire che il tanto sbandierato Ospedale di Comunità, nulla è in più rispetto all’attuale UDI, ovvero l’Unità di Degenza Infermieristica: “Nel distretto 3 è stato individuato a Sezze dove già era attiva una degenza infermieristica. Troverà una sua rimodulazione in ospedale di comunità. Rimarrà una degenza infermieristica perché la connotazione che Agentia, una struttura tecnica del Ministero della Salute, così lo ha definito e quindi lì è stato collocato su struttura esistente. Il finanziamento servirà a riqualificare sotto il profilo della umanizzazione e delle cure quella struttura . Struttura che poi dovrà cominciare ad operare in rete con le case della comunità nell’ambito di quella che è definita la sanità intermedia”.
Zero voli pindarici
Guardando al futuro, lascia parti pochi margini, se non proprio zero: “L’ipotesi di definire una seconda degenza infermieristica nell’ambito di ospedale di comunità sempre nell’ambito del distretto 3, non è contemplata. Ce n’è già un’altra, in una struttura prevista a dismissione per devoluzione al patrimonio indisponibile della Regione Lazio (ovvero l’ex Regina Elena ndr.) non è contemplata. Il passaggio successivo è che quella struttura non può più essere tenuta con le finalità sanitarie. La sanità ha definito il proprio piano di sviluppo e i vecchi ospedali non sempre costituiscono lo strumento migliore soprattutto la dove poi c’è stato investimento su nuova struttura inaugurata questa estate”. Tradotto: L’ex Regina Elena non sarà ospedale di comunità ma, anzi, verrà venduto.
Poco PNRR per la sanità nostrana
Servono pochi commenti alle parole che hanno concluso, in maniera disarmante, l’intervento della Cavalli: “Il PNRR è un piano che non fa riqualificazione edilizia ma nell’ambito della strutturazione della sanità intermedia dice che non fa nuove costruzioni. Questo non lo ha detto dall’inizio ma con i mesi a venire si è reso evidente. Il PNRR va a ad intervenire su strutture già esistenti quando questo si rende utile per definire un livello erogativo che serve. La degenza infermieristica era già attiva a Sezze e quindi il punto è stato che si è mantenuta quella. Nel frattempo continua ad erogare le prestazioni e man mano verrà riqualificata e aggiornata dentro ad un livello assistenziale che rimane già configurato. Il PNRR è sostanzialmente chiuso in questo momento. Si entrerà poi nelle effettive approvazioni di ciò che si è presentato e ha avuto un po’ per tutti rimodulazioni più verso il basso che non verso l’alto”.
Conclusione tra le righe (spero di sbagliare interpretazione)
Tra le strutture su cui non ci saranno interventi, c’è anche l’ala vecchia di quello che fu l’ospedale San Carlo che oramai non viene più menzionato e che è rimasto tra le strutture cartolarizzate dalla Regione (messe a conto come equivalente di valore in denaro per non far sembrare le casse vuote ndr.)
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