Cyber – I figli dell’era digitale

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Cyber è un termine che indica l’interazione tra l’uomo e il computer. Per comprendere di che tipo di interazione parliamo dobbiamo associarvi un secondo termine che andrà a dare all’interazione una qualifica. Esempio; cyber-bullismo, cyber-security, cyber-shop, cyber-politica. Cyber e tutto ciò che si può fare attraverso l’interazione con un pc. Oggi anche solo con un cellulare.

Ben presto l’uomo ha scoperto che del mondo cyber poteva farne molti più usi e meno nobili di quelli emersi alla sua nascita.

L’interazione tra uomo e computer nel tempo ha raggiunto livelli di eccellenza su più fronti. Nata come risorsa, la cyber reality insieme ai vantaggi portati nella scienza, si è rivelata anche infinita disgrazia. Come specie non ci smentiamo mai, oltre ad essere quella più inquinante del pianeta e quella più distruttiva, siamo anche l’unica specie che tende all’implosione, cioè quella che tende a danneggiare se stessa. E’ un fenomeno rarissimo in natura, la norma per gli umani. Sarà dipeso dall’eccesso di sviluppo cognitivo sviluppatosi nei millenni a discapito di quello emotivo, ma per l’uomo evoluzione e fragilità sembrano camminare uno accanto all’altro.

Quello di cui con maggiore frequenza sentiamo parlare è il cyber bullismo.

Un termine che almeno una volta al giorno ci arriva dai mass-media associato a notizie di eventi spiacevoli e spesso tragici. Una condotta disfunzionale, una potente arma antisociale. Come tutto ciò che entra nel linguaggio comune con un elevata frequenza, anche il cyber bullismo rischia di perdere efficacia nel richiamare la gravità del suo significato. Siamo predisposti ad abituarci a tutto, l’eccesso di sollecitazioni che riceviamo ci spingono verso un’economia delle informazioni da poter trattenere. Più elevata e frequente è l’esposizione ad uno stimolo, anche negativo come il bullismo, più basso, nel tempo, sarà il nostro livello di attenzione alla sua gravità.

Cyber-bullismo è un termine che si utilizza molto per indicare alcune condotte socialmente deplorevoli dei giovani, ma in realtà è un fenomeno che coinvolge tutte le generazioni e tra queste, a volte, è addirittura trasversale.

Il cyber bullismo non è altro che una forma di violenza che ha come oggetto una persona. Nella maggioranza dei casi l’esercizio della condotta aggressiva è portata avanti da un intero gruppo. Raramente è opera del singolo. Il bullo ha sempre bisogno del branco, di spettatori, di fomentatori, di fans, sia nella sua azione cyber che in quella tradizionale.

Tra classificazione e legge

Il fenomeno del bullismo cyber in pochi anni ha invaso la nostra società. È entrato nelle scuole, nelle famiglie, in tutti i contesti aggregativi senza che ve ne fosse una consapevolezza immediata. Si è trasformato in un emergenza sociale attraverso la gravità dei suoi effetti. Si è arrivati a legiferare il fenomeno circoscrivendone le caratteristiche nella L.71/2017. La legge ha come obiettivo di contrastare il fenomeno del bullismo in tutte le sue manifestazioni. Ne descrive le caratteristiche, per cyber bullismo deve intendersi: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni,  realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi  ad  oggetto  anche uno o  più  componenti  della  famiglia  del  minore  il  cui  scopo intenzionale e predominante sia quello di  isolare  un  minore  o  un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco  dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

 

Dovere civico dovere etico

Ogni qual volta ci si trova coinvolti in una situazione del genere, ogni qual volta si sente limitata la propria libertà d’espressione, è doveroso segnalare. E’ doveroso render pubblica la condotta del “bullo” di turno e lasciare che le autorità competenti facciano chiarezza. Sottrarsi a questo dovere comporta lasciare che il bullo continui ed infetti come un virus. Non limitare queste condotte significa avallarle, colludere, oppure nella più nefasta delle ipotesi condividerle. Accade di frequente che il bullo non sia altro che il soggetto più fragile del gruppo, che si espone cercando l’approvazione e la gratificazione del gruppo stesso. Il bullo va protetto in primis dall’uso che il suo stesso gruppo ne fa. Spesso è un gregario con importanti difficoltà di comunicazione e relazione, per questo usato dai soggetti più “svegli”, quelli veramente pericolosi. Va messo in sicurezza per poter fare emergere in modo esplicito il gioco del gruppo. E’ un modello di comportamento che va debellato in tutte le generazioni, altrimenti si proporrà come modello ripetibile. L’unico modo per i più giovani di poter comprendere il limite che gli viene suggerito.

 

Il nostro paese non è stato affrancato dal fenomeno, ma negli ultimi mesi, in modo particolare, vi è stato un discreto incremento di condotte disfunzionali riconducibili a questa classificazione.

Possiamo avere contezza dei soli dati tangibili sui social di cui abbiamo visione. Il nostro paese non si giova al momento di un osservatorio per il rilevamento e la prevenzione di tale fenomeno. Quello che recentemente continua ad emergere è che, da quel che si può rilevare da social e dai comunicati stampa, il dato nel nostro territorio sbilancia verso gli adulti la maggiore frequenza di un uso improprio dei social. Va detto che leggere sui social frasi del tipo:  

  • “Tornate a fare le mamme ed il vostro lavoro per il bene di tutti.”
  • Affermazioni squalificanti: la professionalità, l’identità, l’onesta intellettuale.
  • L’intimazione al silenzio.
  • Utilizzare una pressione sociale fatta di continue vessazioni atta a ridurre la libertà di espressione.
  • Attaccare in piccoli gruppi le opinioni, le osservazioni dei singoli.

Sono modalità riconducibili ad una violenza mediatica e sociale importante, spesso anche di genere, degna di segnalazione. Particolarmente significativa se i fautori di tale condotta non hanno un contatto diretto con il cyber bulizzato.

A questa forma di espressione, oggi sui social si aggiunge una forma di “allocutivi informali” diretti e indiretti del tipo

  • tesoro
  • cara
  • emotions con baci e abbracci, cuoricini e quant’altro

Sempre ad opera di soggetti con i quali non si ha nessun tipo di rapporto, conoscenza o familiarità di sorta. Ci si trova nuovamente di fronte ad un uso improprio dei social. Una modalità atta a squalificare e denigrare i contenuti della conversazione.

Quando l’uso dei social non offende nessuno, ma è frutto di una personale visione non vi è motivo per tollerare insulti o denigrazioni.

Ora se il bullo adolescente attacca il soggetto fragile con il gruppo, per le sue caratteristiche fisiche, intellettive, emotive, di genere.

L’adulto usa canali simili, ma per motivazioni e fini completamente diversi.

Sono atti finalizzati a distogliere e limitare la libertà civica d’espressione. Le fondamenta di entrambe sono comunque quelle dell’intolleranza alle differenze. Dell’incapacità al confronto tout court, dell’impossibilità di accettare e riconoscere i propri limiti e quelli dell’altro. Il bullo adulto, cyber o meno, è il vero dilemma della nostra società, l’adulto è modello di riferimento esempio da emulare. Sarebbe necessario ripartire dagli adulti e dalle istituzioni per far crescere adeguatamente una società più sana per il futuro.

 

Articolo di Roberta Filigenzi

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