Il Crack Cirio e la fine della stagione dei pomodori
Veron, Nesta, Nedved, Mihajlovic, Mancini e Vieri sono solo alcuni dei campioni della Lazio dell’ultimo scudetto. Uno scudetto che ha a che fare anche con la Cirio e con Sezze. Quella squadra da sogno, insieme alla realtà Cirio dislocate in tutta Italia, facevano infatti parte dell’impero Cragnotti. Un impero che di lì a poco andò incontro ad un clamoroso crack finanziario. Il tracollo portò l’imprenditore romano al fallimento, tanti piccoli soci sul lastrico, la Lazio in regime controllato e la Cirio smembrata in piccole parti che finirono poi all’asta. Tra queste parti c’era il complesso industriale di via del Murillo a Sezze.
Dalle stelle alle stalle nel giro di pochi mesi
Fino al 2000 Sezze, in estate, diventava praticamente il centro lavorativo della provincia di Latina. Il volano di tale trasformazione era appunto lo stabilimento della Cirio. Un mega impianto industriale nel cuore di una campagna produttiva come poche altre, coltivata peer centinaia di ettari a pomodori. Proprio pomodori erano il “core business” della lavorazione che nella stagione estiva dava lavoro a migliaia di dipendenti di Sezze, ma anche di Pontinia, Sermoneta, Priverno, Maenza, Roccagorga, Bassiano e dintorni.
Il nuovo millennio, con il crack della stessa Cirio come parte dell’impero Cragnotti, portò alla fine di quel “miracolo” industriale, volano economico di un territorio e fonte di ricchezza per tante famiglie. Da allora lo stabilimento è un cimitero industriale e, all’ingresso, una discarica.
La parola fine, definitiva arrivò con la chiusura decretata nel luglio 2001 dopo il fallimento delle ditte “satellite” Arlecchino e Arcobaleno.
Nel 2004, dopo che era finita all’asta come tanti altri beni che facevano parte dell’impero Cragnotti, il complesso industriale di Sezze venne venduto all’asta. Ad acquistarlo fu una società di Roma, che ne è ancora proprietaria, per una cifra pari a circa 2,5 milioni di euro.
Quello che era la Cirio per Sezze e dintorni
La sola presenza dello stabilimento Cirio, ha dato ragione a generazione di agricoltori di coltivare le proprie terre a pomodori e ottenere dalla loro vendita un sostentamento non indifferente. Gli agricoltori cercavano lavoratori per la campagna di raccolta pagando loro lauti stipendi. La coltivazione e il trasporto dei pomodori muoveva il mercato dei mezzi agricoli. La moltitudine di mezzi agricoli richiesti, significava lavoro per i meccanici impegnati, mercato dei pezzi di ricambio generando un indotto non indifferente. Indotto ingrossato anche dagli affitti di alloggi a quei lavoratori che, provenendo da troppo lontano, preferivano affittare casa a Sezze Scalo.
Il primo addendo di questo conteggio era composta da circa 30 lavoratori assunti a tempo indeterminato presso lo stabilimento. Trenta lavoratori che corrispondevano ad altrettante famiglie con reddito assicurato per tutto l’anno.
Ogni estate poi veniva assunto un esercito di centinaia di lavoratori stagionali che tra mensilità, liquidazioni, buoni di ogni genere e altri benefit, con neanche 100 giorni di lavoro annuali, si assicuravano un introito assai sostanzioso.
Il crack del gruppo Cragnotti si è abbattuto sullo stabilimento di Sezze come un fulmine a ciel sereno: stabilimento chiuso, lavoratori a casa e macchinari svenduti. Ciò che rimaneva è stato lasciato in abbandono, in balia di chiunque volesse andare li a depredare.
Nel giro di pochi anni sono rimasti solo uno scheletro che mette angoscia solo a guardarlo. Il polo industriale che era stato fiore all’occhiello di un territorio si è trasformato in cimitero di cemento. Ogni macchinario è stato smontato e portato chissà dove, senza badare ad evitare danni alle strutture.
Anche oggi, quel complesso nasconde delle potenzialità
Anche così ridotto, oltre venti anni dopo, eppure quel luogo che è una superficie di 12 ettari ha ancora un potenziale.
È equidistante da Sezze, Latina Scalo e Sermoneta, facilmente raggiungibile anche da Pontinia, Terracina e Cisterna. Arterie stradali come nuova SR 156 e SS Appia sono a un tiro di schioppo.
I dodici pozzi che servivano ad attingere l’acqua su cui far scorrere i pomodori, sono ancora lì, privi delle pompe ma non dell’acqua che durante periodi di emergenza idrica come quello estivo possono rappresentare una risorsa strategica anche per far fronte agli incendi rifornendo mezzi aerei.
Dei 12 ettari totali, 8 sono coperti da hangar che potrebbero ospitare di tutto: da un’area fiere ad un mega centro commerciale. Nella parte esterna ci sono invece ben 7 piscine che servivano allo stoccaggio dei pomodori lunghe circa 20 metri, larghe 4 e profonde 2. Poi c’è il depuratore, un impianto che per dimensioni fa sfigurare il megadepuratore che il comune di Sezze ha costruito nei pressi di via degli Archi ma che non riesce a far funzionare al 100%
Un potenziale tale, a livello logistico, di estensione, di risorsa idrica e altro ancora, tale da ospitare un parco acquatico, un centro commerciale, un allevamento ittico, un centro polisportivo, centro funzionale logistico e molto altro ancora.
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Luca Morazzano
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