Non capivo la rosa

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Non capivo perchè i miei contadini amassero poco o niente i fiori, ma tanto le rose. La rosa è come un ultrafiore, è qualcosa che sta sopra, oltre, a parte. Ma perchè? Ha anche le spine, spine ricurve e cattive che lacerano la pelle. E’ pianta difficile da governare e non da frutti da mangiare. Poi ho guardato il fiore che non è mano aperta al sole, ma pugno chiuso alla bruttezza. I petali sono avvolti l’un l’altro e da questo abbraccio esce un bacio. I miei contadini erano sognatori di baci e ogni rosa era un bacio di Angelica ai paladini di Francia e Carlo Magno era la fede per cui valeva la pena gettare il cuore. Angelica era un bacio che diventava ogni rosa e non c’erano più le spine.
Storie che hai dentro e cerchi per ogni rosa la tua Angelica, per ogni angelica una rosa e la storia di una rosa, di angelica diventa tutte le rose e ciascuna Angelica.
Dicevano di averle viste davvero piante di rose farsi angelicate dame, dicevano di averle viste davvero la mattina tra le nebbie dei canali rose che erano non angeli ma di più, donne vere. Dicevano che ci parlavano, raccontavano e qualcuno descriveva l’amore. Tra la foschia dei canali capelli come rovi, o lisci come cascate, occhi che capisci solo se hai visto gli occhi del gufo, gli occhi che fa la gatta alla caccia.
Per questo forse per istinto alle rose avviciniamo il viso per il profumo e spingiamo il dito fino a far stillare il sangue rosso come le rose.
Ciascuno poi ha la sua rosa, la segue, la cerca ostinatamente anche se non se sa niente
Rosa fresca aulentis[s]ima ch’apari inver’ la state,
le donne ti disiano, pulzell’ e maritate:
tràgemi d’este focora, se t’este a bolontate;
per te non ajo abento notte e dia,
penzando pur di voi, madonna mia
Cielo D’Alcamo, Rosa fresca aulentissima
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